martedì 8 febbraio 2011

Cose da fare e da vedere nel Salento: da Castro e Santa Cesarea fino a Otranto

Castro si trova sulla costa adriatica. La parte alta della città si erge su un’alta roccia. Le sue origini sono molto antiche e i resti delle mura Messapiche sono stati trovati ultimamente. Era una città romana e bizantina, spesso sede episcopale. Si può ammirare una “Cattedrale” romanica (1171) e i resti di una cripta bizantina affrescata.
Castro Marina è il porto che era fatto con la roccia più alta. Il posto è incantevole con una graziosa piazzetta dove durante le sere estive i giovani si fermano fino a tardi. In un certo senso ricorda Capri.

Santa Cesarea prende il suo nome dalla leggenda di una bambina il cui nome era Cesarea; trovò rifugio nelle grotte per scappare dagli insani desideri di suo padre. Fu protetta dal mare; infatti, sebbene avesse promesso al padre di incontrarlo nella sua stanza, in realtà saltò giù dalla finestra del cortile e corse verso Castro. Quando suo padre scoprì il tutto, andò a Castro per portarla via, ma, per la strada, apparve una misteriosa nuvola nera e l’uomo malvagio annegò nelle onde. Proprio in quel posto l’acqua iniziò a puzzare e non smise mai. Infatti in questo luogo si può sentire l’odore dello zolfo per ricordare il cattivo odore dell’uomo. Da qui in poi, Santa Cesarea è diventata una sede termale molto nota: dalle “quattro grotte” (Fetida, Gattula, Solfatara e Sulfurea) , le grotte dove Cesarea trovò riparo, fuoriesce, a una temperatura di 30°, acqua contenente zolfo, iodio, litio e sale, utili per curare alcune malattie.

Camminando lungo la passeggiata si può vedere Palazzo Sticchi, con la sua architettura moresca e la sua grande cupola arancione. Recentemente molte eleganti residenze sono state costruite dietro il centro storico, a strapiombo sul mare. Quello che vale la pena vedere a Santa Cesarea è la piscina naturale, tra rocce solide e scure: il mare irrompe contro le rocce e riempie la piscina. Poi si può andare nella pineta da cui si gode una splendida vista sul mare, sulle costruzioni e sulle casette sulla costa.

La costa è rocciosa, le principali grotte che si incontrano sono la “Zinzulusa” e la “Romanelli”. L’accesso al mare è reso semplice da alcuni stabilimenti come gli “Archi” e il “Caicco”, che permettono di nuotare in uno splendido mare azzurro. Se si vuole sognare sulla sabbia dorata bisogna andare a Porto Miggiano. Andando nell’entroterra si passa attraverso posti caratterizzati da un’atmosfera calma e rilassata, case costruite l’una vicino all’altra dove si percepisce la semplicità delle persone che si incontrano per preparare il sugo e altre leccornie.

Prima di arrivare a Minervino c’è il “Dolmen Scusi con i suoi otto pilastri che reggono una pesante lastra di pietra. Il nome deriva dalla parola dialettale che significa “nascosto”, perché forse il dolmen aveva la funzione di nascondere qualcosa o qualcuno. Ma ciò che emerge durante la visita è che questa è una terra di duro lavoro, una terra dove tutti lavorano durante il giorno e la sera si siedono insieme a raccontarsi storie e altre leggende.

Arrivando a Giurdignano, un vecchio castello di Otranto, si possono ammirare gli splendidi affreschi nella Cripta di San Salvatore (XI sec.) dove i monaci dall’Italia e della Grecia andavano a pregare oppure si possono trovare dolmen e menhir; infatti vicino a Giurdignano c’è la maggior parte dei dolmen e menhir presenti in Italia. La maggior parte di essi sono incorporati nelle case costruite fino ai primi anni del Novecento. Vale la pena sapere che c’è un giardino megalitico con 25 megaliti, simboli sacri incisi nell’era cristiana con un significato magico e religioso. Un importante evento che si tiene qui sono le cosiddette “Tavole di San Giuseppe”; le più devote famiglie della città apparecchiano le tradizionali tavole (il 18 marzo) piene di enormi pani con significato religioso. La sera, dopo la processione e la benedizione, aprono le case ai visitatori offrendo loro i tipici pani chiamati “pucce”. Altri posti di importanza artistica a Giurdignano sono: la cristiana “Abbazia delle cento porte” (chiamata così per l’enorme numero di finestre), che nel XII sec. probabilmente era un monastero, e il castello del XVI sec.

Successivamente si prende la strada per Otranto tra ulivi e querce. All’improvviso si vede Otranto con i suoi due colori: le case bianche e il mare azzurro. Nei campi scorre un piccolo fiume, l’Idro, che dà il nome alla città. Si può iniziare la visita di Otranto dal Lungomare degli Eroi, che conduce alla città vecchia. Si entra attraverso Porta Alfonsina, costruita dopo che Otranto fu salvata dall’attacco dei Turchi solo grazie al piano di fortificazione di Alfonso d’Aragona.
Il centro storico è una seria di stradine che si seguono l’un l’altra come tortuosi vicoli, pieni di negozietti colorati dove la gente vende una gran varietà di oggetti: fischietti, vasi, gioielli, vestiti, alimenti tipici e così via. La cattedrale è situata in una piazzetta; cattura la vista con il suo rosone rinascimentale in stile gotico-arabo. La costruzione fu terminata nel 1088. Qui, nel 1480, trovarono rifugio donne e bambini che stavano scappando dall’assedio dei Turchi, ma i soldati turchi entrarono e li massacrarono, spargendo sangue per tutto il pavimento, sul famoso mosaico di Pantaleone. Il mosaico (lungo 16 metri) fu fatto tra il 1163 e il 1165 da un monaco che viveva nella vicina abbazia di San Nicola di Casole. Il suo nome (Pantaleone) è scritto sul pavimento quando si entra nella cattedrale. In essa il monaco voleva dipingere l’Albero della Vita (un enorme albero che va dall’entrata fino al presbiterio) iniziando dalla Creazione. È pieno di immagini e simboli religiosi difficili da capire. Per esempio dipinse l’espulsione di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden, il serpente, il diluvio universale, la costruzione dell’arca di Noè e altri simboli, ma allo stesso tempo dipinse i personaggi di Re Artù e Alessandro Magno.
Nella cappella dei martiri, nella navata destra, in sette reliquiari ci sono le ossa degli ottocento martiri che furono uccisi il 14 agosto 1480 dai Turchi poiché non avevano rinnegato la loro fede cristiana. Furono decapitati sul colle della Minerva (proprio nel posto in cui ora c’è una cappella), e sulla cima del colle fu costruito un santuario. Una volta fuori dalla cattedrale una stradina conduce al castello e ai bastioni. In estate molti turisti vengono a comprare souvenir e a scattare delle foto. Dai bastioni si può osservare il mare e il porto che specialmente in estate è pieno di luci e gente che canta e chiacchiera fino a tarda notte. Prima di arrivare al Castello, in una piccola piazza, c’è la chiesa bizantina di S. Pietro, uno dei pochi esempi di stile bizantino rimasti in Italia, in buono stato. Infatti qui si possono ancora ammirare affreschi dei tempi antichi.

Il castello fu restaurato negli anni ottanta; fu costruito per il re Aragonese tra il 1485 e il 1489. Ha una forma pentagonale con tre torri cilindriche sugli angoli. Nel fossato sono ancora visibili alcune delle palle di granito sparate dai Turchi durante il loro attacco nel 1480.

Lasciando Otranto e tornando verso Santa Cesarea c’è la Torre del Serpe, di epoca romanica. Molte storie sono raccontate su di essa, e vale la pena conoscerle. Un poco più lontano ci sono i resti di Casole, un convento basiliano distrutto dai Turchi e un grande faro, ora Museo del Mare.

La costa da Otranto a Santa Cesarea è dominata dalla Torre Sant’Emiliano e Porto Badisco con la sua splendida grotta dei Cervi.


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