martedì 22 febbraio 2011

Le spiagge più belle e i lidi più trendy del Salento: da Gallipoli fino a Pescoluse, le Maldive del Salento

Da Gallipoli, con Punta della Suina e Punta Pizzo, fino a Pescoluse, le Maldive del Salento.
Gallipoli e la sua lunga baia sono a due passi da Porto Selvaggio.
Dopo il susseguirsi di stabilimenti della Baia Verde (i migliori sono lo Zen con sushi bar in agosto e il Samsara), si arriva a quello che dal 2005 è stato chiamato il Parco Regionale Isola di Sant’Andrea – Punta Pizzo. Attraverso una fitta pineta si accede a lidi esclusivi come il Makò (www.makoo.it) con terrazze sul mare, aperitivi e musica, Lido Pizzo, meta dei vip, e Punta della Suina, amato dai nudisti nella sua parte libera e con un bar sulla terrazza panoramica dove si sorseggia l’aperitivo con sottofondo musicale.
La costa prosegue in un susseguirsi di spiagge e lidi che ha il suo culmine nella zona di Torre San Giovanni, con il Cocoloco, preferito dai giovani, il Malibù, famoso per l’ottima cucina tradizionale della signora Antonia, e poi, a Torre Mozza, il Balelido, il più trendy, con i suoi pochi palmizi dove offre frutta e prosecco. Fino a Pescoluse, una delle spiagge libere più belle del Salento con dune coperte di gigli selvatici e sabbia finissima e un mare da molti paragonato alle Maldive (non a caso, le Maldive del Salento è il nome di uno dei più noti stabilimenti balneari della zona e dell’intero Salento, da cui prende il nome l’intero tratto di costa).

giovedì 10 febbraio 2011

Cose da fare e da vedere nel Salento: da Gallipoli a Porto Selvaggio fino a Porto Cesareo

Gallipoli prende il suo nome dalla parola greca “Kallipolis”. La parte vecchia della città è qualcosa di molto diverso dal resto. È un’isola circolare che si può visitare camminando lungo i bastioni. Nel passato le mura erano alte due metri, ora sono molto più basse e da li la vista arriva fino al mare blu e all’orizzonte. Tra stradine e vicoletti tortuosi appaiono tante facciate barocche, splendide costruzioni e casette.

L’acqua che circonda l’isola ha una chiarezza incontaminata, e per proteggere l’industria ittica, la gente si prende cura dell’acqua e dell’ambiente circostante. Ogni mattina ci sono vivaci mercati del pesce e lungo la strada si possono trovare numerosi ristoranti a base di pesce, dove si possono gustare alcuni dei migliori piatti a base di pesce in Italia.



Nella parte alta della città c’è la cattedrale di Sant’Agata, uno dei migliori esempi di barocco nel Salento (dopo la chiesa di Santa Croce a Lecce). La facciata fu costruita da Giuseppe Zimbalo, lo stesso artista che ha costruito il campanile di Lecce. Ciò che è particolare qui è l’uso del “carparo”, che è meno morbido e friabile della pietra leccese, e che dona un colore rosa scuro. La chiesa fu costruita negli anni tra il 1629 e il 1696 e sulla facciata si vedono i due santi patroni di Gallipoli: San Sebastiano e San Fausto. All’interno, sulle mura e sul soffitto, ci sono dipinti del XVII e XVIII sec. La città è un posto vivace e animato con numerosi negozi, ristoranti, castelli e chiese da visitare.

Andando a nord sulla costa ionica, tra Torre dell’Alto e Torre Uluzzo, si arriva a Porto Selvaggio, un panorama molto suggestivo con gli scogli che emergono da un mare chiarissimo, circondato da una fitta pineta e dalla macchia mediterranea. Quest’area è protetta dal 1980, dopo violente liti con le autorità pubbliche e politiche, ed è conosciuta sotto il nome di Parco naturale attrezzato di Porto Selvaggio.
Quest’area è piena di vegetazione e varie specie animali: cardellini, fringuelli, verdoni, lucertole, volpi, ricci, capperi, lentisco e mirto. L’intera area si estende per 428 ettari.



La costa ionica è bassa e Porto Cesareo ha spiagge molto lunghe con una sabbia fine. Il posto è rinomato per il pesce fresco che si può gustare tutto l’anno. Non ha importanti monumenti, eccetto la stazione di biologia marina, ma attrae molti turisti in estate per la bellezza delle sue spiagge ben attrezzate.





Tratto da: http://salento.3punto0.org/

martedì 8 febbraio 2011

Cose da fare e da vedere nel Salento: da Castro e Santa Cesarea fino a Otranto

Castro si trova sulla costa adriatica. La parte alta della città si erge su un’alta roccia. Le sue origini sono molto antiche e i resti delle mura Messapiche sono stati trovati ultimamente. Era una città romana e bizantina, spesso sede episcopale. Si può ammirare una “Cattedrale” romanica (1171) e i resti di una cripta bizantina affrescata.
Castro Marina è il porto che era fatto con la roccia più alta. Il posto è incantevole con una graziosa piazzetta dove durante le sere estive i giovani si fermano fino a tardi. In un certo senso ricorda Capri.

Santa Cesarea prende il suo nome dalla leggenda di una bambina il cui nome era Cesarea; trovò rifugio nelle grotte per scappare dagli insani desideri di suo padre. Fu protetta dal mare; infatti, sebbene avesse promesso al padre di incontrarlo nella sua stanza, in realtà saltò giù dalla finestra del cortile e corse verso Castro. Quando suo padre scoprì il tutto, andò a Castro per portarla via, ma, per la strada, apparve una misteriosa nuvola nera e l’uomo malvagio annegò nelle onde. Proprio in quel posto l’acqua iniziò a puzzare e non smise mai. Infatti in questo luogo si può sentire l’odore dello zolfo per ricordare il cattivo odore dell’uomo. Da qui in poi, Santa Cesarea è diventata una sede termale molto nota: dalle “quattro grotte” (Fetida, Gattula, Solfatara e Sulfurea) , le grotte dove Cesarea trovò riparo, fuoriesce, a una temperatura di 30°, acqua contenente zolfo, iodio, litio e sale, utili per curare alcune malattie.

Camminando lungo la passeggiata si può vedere Palazzo Sticchi, con la sua architettura moresca e la sua grande cupola arancione. Recentemente molte eleganti residenze sono state costruite dietro il centro storico, a strapiombo sul mare. Quello che vale la pena vedere a Santa Cesarea è la piscina naturale, tra rocce solide e scure: il mare irrompe contro le rocce e riempie la piscina. Poi si può andare nella pineta da cui si gode una splendida vista sul mare, sulle costruzioni e sulle casette sulla costa.

La costa è rocciosa, le principali grotte che si incontrano sono la “Zinzulusa” e la “Romanelli”. L’accesso al mare è reso semplice da alcuni stabilimenti come gli “Archi” e il “Caicco”, che permettono di nuotare in uno splendido mare azzurro. Se si vuole sognare sulla sabbia dorata bisogna andare a Porto Miggiano. Andando nell’entroterra si passa attraverso posti caratterizzati da un’atmosfera calma e rilassata, case costruite l’una vicino all’altra dove si percepisce la semplicità delle persone che si incontrano per preparare il sugo e altre leccornie.

Prima di arrivare a Minervino c’è il “Dolmen Scusi con i suoi otto pilastri che reggono una pesante lastra di pietra. Il nome deriva dalla parola dialettale che significa “nascosto”, perché forse il dolmen aveva la funzione di nascondere qualcosa o qualcuno. Ma ciò che emerge durante la visita è che questa è una terra di duro lavoro, una terra dove tutti lavorano durante il giorno e la sera si siedono insieme a raccontarsi storie e altre leggende.

Arrivando a Giurdignano, un vecchio castello di Otranto, si possono ammirare gli splendidi affreschi nella Cripta di San Salvatore (XI sec.) dove i monaci dall’Italia e della Grecia andavano a pregare oppure si possono trovare dolmen e menhir; infatti vicino a Giurdignano c’è la maggior parte dei dolmen e menhir presenti in Italia. La maggior parte di essi sono incorporati nelle case costruite fino ai primi anni del Novecento. Vale la pena sapere che c’è un giardino megalitico con 25 megaliti, simboli sacri incisi nell’era cristiana con un significato magico e religioso. Un importante evento che si tiene qui sono le cosiddette “Tavole di San Giuseppe”; le più devote famiglie della città apparecchiano le tradizionali tavole (il 18 marzo) piene di enormi pani con significato religioso. La sera, dopo la processione e la benedizione, aprono le case ai visitatori offrendo loro i tipici pani chiamati “pucce”. Altri posti di importanza artistica a Giurdignano sono: la cristiana “Abbazia delle cento porte” (chiamata così per l’enorme numero di finestre), che nel XII sec. probabilmente era un monastero, e il castello del XVI sec.

Successivamente si prende la strada per Otranto tra ulivi e querce. All’improvviso si vede Otranto con i suoi due colori: le case bianche e il mare azzurro. Nei campi scorre un piccolo fiume, l’Idro, che dà il nome alla città. Si può iniziare la visita di Otranto dal Lungomare degli Eroi, che conduce alla città vecchia. Si entra attraverso Porta Alfonsina, costruita dopo che Otranto fu salvata dall’attacco dei Turchi solo grazie al piano di fortificazione di Alfonso d’Aragona.
Il centro storico è una seria di stradine che si seguono l’un l’altra come tortuosi vicoli, pieni di negozietti colorati dove la gente vende una gran varietà di oggetti: fischietti, vasi, gioielli, vestiti, alimenti tipici e così via. La cattedrale è situata in una piazzetta; cattura la vista con il suo rosone rinascimentale in stile gotico-arabo. La costruzione fu terminata nel 1088. Qui, nel 1480, trovarono rifugio donne e bambini che stavano scappando dall’assedio dei Turchi, ma i soldati turchi entrarono e li massacrarono, spargendo sangue per tutto il pavimento, sul famoso mosaico di Pantaleone. Il mosaico (lungo 16 metri) fu fatto tra il 1163 e il 1165 da un monaco che viveva nella vicina abbazia di San Nicola di Casole. Il suo nome (Pantaleone) è scritto sul pavimento quando si entra nella cattedrale. In essa il monaco voleva dipingere l’Albero della Vita (un enorme albero che va dall’entrata fino al presbiterio) iniziando dalla Creazione. È pieno di immagini e simboli religiosi difficili da capire. Per esempio dipinse l’espulsione di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden, il serpente, il diluvio universale, la costruzione dell’arca di Noè e altri simboli, ma allo stesso tempo dipinse i personaggi di Re Artù e Alessandro Magno.
Nella cappella dei martiri, nella navata destra, in sette reliquiari ci sono le ossa degli ottocento martiri che furono uccisi il 14 agosto 1480 dai Turchi poiché non avevano rinnegato la loro fede cristiana. Furono decapitati sul colle della Minerva (proprio nel posto in cui ora c’è una cappella), e sulla cima del colle fu costruito un santuario. Una volta fuori dalla cattedrale una stradina conduce al castello e ai bastioni. In estate molti turisti vengono a comprare souvenir e a scattare delle foto. Dai bastioni si può osservare il mare e il porto che specialmente in estate è pieno di luci e gente che canta e chiacchiera fino a tarda notte. Prima di arrivare al Castello, in una piccola piazza, c’è la chiesa bizantina di S. Pietro, uno dei pochi esempi di stile bizantino rimasti in Italia, in buono stato. Infatti qui si possono ancora ammirare affreschi dei tempi antichi.

Il castello fu restaurato negli anni ottanta; fu costruito per il re Aragonese tra il 1485 e il 1489. Ha una forma pentagonale con tre torri cilindriche sugli angoli. Nel fossato sono ancora visibili alcune delle palle di granito sparate dai Turchi durante il loro attacco nel 1480.

Lasciando Otranto e tornando verso Santa Cesarea c’è la Torre del Serpe, di epoca romanica. Molte storie sono raccontate su di essa, e vale la pena conoscerle. Un poco più lontano ci sono i resti di Casole, un convento basiliano distrutto dai Turchi e un grande faro, ora Museo del Mare.

La costa da Otranto a Santa Cesarea è dominata dalla Torre Sant’Emiliano e Porto Badisco con la sua splendida grotta dei Cervi.


domenica 6 febbraio 2011

Cose da fare e da vedere nel Salento: da Santa Maria di Leuca a Ugento

Quando si raggiunge la più estrema area d’Italia, si arriva a Santa Maria di Leuca, dove l’Italia termina ai piedi di un faro come se fosse il confine finale della terra.

Santa Maria di Leuca, dalla parola greca “Leucos”, che significa “bianco”, bianco come le rocce calcaree e il faro, alto 47 metri, che domina da Punta Meliso, 102 metri sul livello del mare.
Proprio Punta Meliso separa il mar Jonio dal Mare Adriatico, e il faro è sempre una buona guida per i marinai e per chiunque arrivi via mare. Una volta arrivati bisogna visitare il santuario “De Finibus Terrae” , dalla sobria facciata che guarda una statua della Vergine erta su un’alta colonna del 1694. La “Croce petrina”, una croce di ferro formata da due chiavi incrociate su una colonna ottagonale, significa che San Pietro iniziò le sue predicazioni da qui quando stava ritornando dall’oriente.
Indubbiamente Leuca è il punto d’incontro tra l’est e l’ovest, il mare e la terra, il mondo umano e quello divino. Scendendo ci si può fermare in un bar del porto, dove a qualsiasi ora i pescatori parlano con la gente, giovani o vecchi o vip, allegramente e amichevolmente. Ti possono portare a scoprire Leuca e le sue splendide grotte, ognuna con dentro una storia. È meglio visitare le grotte sulla costa orientale al mattino e quelle sulla costa occidentale ne pomeriggio poichè mostrano differenti giochi di luci ed ombre.


Sulla passeggiata ci sono numerose ville terrazzate, tutte costruite in stile liberty, con decorazioni moresche e fascino orientale, residenze estive di alcune famiglie locali aristocratiche (che ancora oggi le abitano in estate), risalenti al tardo XIX sec. e primi anni del XX. Raccomandiamo Villa La Meridiana, Villa Episcopo, Villa Mellacqua, Villa Daniele-Romasi.

Dopo Leuca si torna indietro fino a Patù, un antico villaggio messapico. Fu il luogo di nascita di Liborio Romano che fu ministro degli Interni nel 1860 nel Regno di Napoli. Non molto lontano dalla città c’è “Vereto”, la sede di un’antica città messapica, circondata da alte mura (lunghe 4 km) dove si può vedere il “Centopietre”, un singolare monumento medievale fatto di lastre di un mausoleo romano. All’interno delle pareti sono visibili tracce di dipinti in stile bizantino.

Poi si va ad Alessano, dove si può passeggiare nella parte vecchia della città ed ammirare la Chiesa Madre, sede della diocesi fino al 1818, e il Convento dei frati Cappuccini, con il suo splendido altare intagliato nel legno. Tutto ad Alessano ricorda Don Tonino Bello, il prete a cui è dedicata la piazza principale. Nel centro della piazza si vede la Torre dell’Orologio del tardo XIX sec. In via Sangiovanni ci sono splendide ville dei primi anni del novecento, ma nelle stradine del centro storico ci sono palazzi del XVI e XVII sec., il più bello dei quali è palazzo Sangiovanni, con la sua facciata in stile bugnato.

Si può continuare la visita a Presicce, nell’entroterra, con il suo bellissimo centro storico. Al centro di Piazza del Popolo c’è l’elegante colonna di Sant’Andrea (del XVIII sec.) con una graziosa balaustra: qui le Virtù Cardinali sono impersonificate dalle quattro figure femminili al di sopra di essa. La chiesa di Sant’Andrea risale al tardo XVIII sec. ed ha un’elegante facciata barocca con un campanile in stile rinascimentale. All’interno si possono ammirare opere di Tiso e Catalano, due dei più famosi pittori salentini del tempo.
C’è un altare maggiore e otto altari laterali, tutti decorati con stucchi preziosi.
Di fronte alla chiesa lo sguardo è catturato dallo splendido Palazzo Ducale, con il suo giardino pensile. Qui al giorno d’oggi, c’è il museo della Civiltà Popolare. Questo palazzo, in stile normanno, e molti altri abbelliscono questa piccola città storica, e camminando attraverso le stradine, si può ammirarli ricchi di decorazioni e affreschi. Altri importanti monumenti da visitare sono: la chiesa Degli Angeli (XVI sec.), la chiesa Del Carmine (XVII sec.), costruita in pietra leccese, con colonne ricche di bassorilievi, e il Monastero dei Carmelitani (XVI sec.). I frantoi ipogei, non lontani da qui, sono la prova che Presicce era un importante centro agricolo per la produzione dell’olio d’oliva. Sono stati restaurati e possono essere regolarmente visitati in estate, mentre a Natale vi sono allestiti suggestivi presepi.

Attraversando una strada fiancheggiata da olivi, si arriva ad Acquarica del Capo con i resti di un antico castello e la “Masseria Gelsorizzo” con la sua torre normanna. Nei campi tra Presicce ed Acquarica si possono osservare le tipiche “pagghiare”: sono a forma di cono ed erano usate come rifugi, costruite senza cemento ma solo con pietre calcaree dai campi. Rappresentano i veri capolavori dell’architettura rurale. Tra queste c’è il “Pagghiarone”, molto grande, che domina su tutti gli altri.

Arrivando ad Ugento, si arriva in mezzo ai Messapi, dove nel 1961 una donna trovò una piccola statua di Zeus risalente al VI sec. a.C. La gente di Ugento lo chiama “Lu Pupu” (che significa il “bambino”), per la cura con cui la donna lo custodì prima di consegnarlo agli archeologi. Nel museo civico è conservata una copia della statua del Dio messapico (l’originale è a Taranto). Sebbene al giorno d’oggi siano visibili alcuni resti delle antiche mura messapiche, alla fine del XVII sec. si vedevano ancora torri e architravi del periodo messapico. La cattedrale è stata ricostruita nel 1700, dopo la distruzione dei Saraceni nel 1537. Solo la facciata è stata ricostruita qualche anno dopo, nel 1855.

 La costa intorno a Ugento è piena di tipiche torri, la più nota delle quali è Torre San Giovanni, costruita per l’imperatore Carlo V nella seconda metà del XVI sec. Poi è diventata un faro e segnalava la presenza di banchi di sabbia al largo della costa. Molti turisti dalla Germania, dall’Inghilterra, dall’America e dalla Svizzera trascorrono le vacanze estive su questa costa, sulle spiagge bianche con la loro caratteristica sabbia fine.



venerdì 4 febbraio 2011

Cose da fare e da vedere nel Salento: Lecce

Lecce è la “capitale” del Salento.

La piazza principale è “Piazza S. Oronzo” che un tempo era chiamata “la piazza dei mercanti” perché qui due volte a settimana c’era il mercato settimanale, dove i mercanti si incontravano per i loro rapporti commerciali nei negozi e nella piazza.
Qui c’è il vecchio “Palazzo di Giustizia” (1577), costruito dai Gesuiti, la cui chiesa (la “Chiesa del Buon Consiglio”) si trova poco distante. I Gesuiti, infatti, avevano un ruolo importante a Lecce, fondarono una scuola (una sorta di università) che rimase aperta fino al 1767, l’anno in cui l’ordine fu espulso da Lecce. Fino al 1977 il palazzo fu la sede del Palazzo di Giustizia.

La perla della piazza è l’Anfiteatro Romano, apparentemente costruito nel I o nei primi anni del II sec. d.C., durante il regno di Traiano. Poi rimase coperto per secoli finché fu nuovamente portato alla luce nel 1905 dallo studioso locale Cosimo De Giorgi durante i lavori della Banca D’Italia. Esso mostra l’importanza della civiltà romana a Lecce, e vi si tenevano nel passato giochi di caccia o celebrazioni e feste. Lo si può capire dai fregi intorno al podio; poi si possono vedere scene di combattimento fra tori e animali esotici (elefanti, leoni, pantere e lupi), iscrizioni romane, sculture e perfino una statua di Atena attribuita allo scultore ateniese Alcmene (che tuttora è conservata nel Museo Provinciale).
L’anfiteatro, richiamando quello costruito dai romani, fu scavato da un deposito di calcare, con l’aggiunta di pietra leccese. Probabilmente c’era un altro livello di sedili sopra la prima fila superiore che vediamo oggi, probabilmente con colonne e pilastri.

Dietro l’anfiteatro c’è il “Sedile”, una grande costruzione dalla forma di una piazza con archi gotici sormontata da archi circolari. Risale alla fine del XVI sec. e fu costruito da Pietro Mocenigo, un veneziano, per testimoniare i rapporti commerciali tra Lecce e Venezia (Venezia era il punto di partenza per il Mediterraneo orientale). Fino al XIX sec. era la sede del municipio, poi fu trasformato in ufficio turistico; ora è luogo di mostre.
Il vero simbolo della piazza è la “Colonna”, costruita nel 1666 per ringraziare S. Oronzo che aveva salvato la città dalla peste nel 1656. La colonna marmorea segnava la fine della via Appia e fu un regalo dei brindisini; la statua originale del santo (che si vede in cima alla colonna) fu distrutta nel 1737 da fuochi d’artificio e fu rifatta in un laboratorio a Venezia.

Non lontano da Piazza S. Oronzo, ci sono due splendidi esempi di barocco leccese: la “Basilica di Santa Croce” e il “Palazzo dei Celestini” (i Celestini erano un altro ordine religioso e avevano il loro monastero proprio lì).
Le due costruzioni risalgono al XVI sec. Lo stile della chiesa è sfarzoso senza esagerazione, la facciata è magnifica, con uno splendido rosone circondato da angeli. Fu il lavoro di Gabriele Riccardi, Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo. Le parole non bastano per descrivere la bellezza di Santa Croce, ma si resta certamente affascinati di fronte ai leoni, ai dragoni e agli angeli che tengono la balaustra. Quando si entra si respira un’atmosfera austera (come si sente nello stile di una basilica Classica), con il soffitto in legno e le colonne levigate e adornate con capitelli corinzi. Gli altari, nelle navate laterali, sono puramente barocchi e alcuni di essi mostrano splendidi dipinti.

Non si può lasciare Lecce senza aver visitato il “Castello” e la “Chiesa di San Matteo”. Il Castello (XVI sec.), costruito su una preesistente fortezza di Gualtieri VI di Brienne, fu il lavoro di Gian Giacomo dell’Acaya. Si possono visitare le grandi stanze del castello se si vanno a vedere le mostre o si prende parte a eventi culturali, nonostante l’edificio sia ancora in ristrutturazione.
La chiesa di San Matteo è quello che lo storico tedesco Gregorovious definì il “Pantheon del barocco leccese”, una superba costruzione con superfici curve e forti volumi. Si può notare la superficie concava nella parte superiore e quella convessa in quella inferiore.

Un’altra splendida piazza è Piazza Duomo con il Campanile, la Cattedrale, il Vescovado e il vecchio Seminario. La piazza ha una particolarità: è uno dei rari esempi di piazze chiuse in Italia. Nel passato, infatti, all’ingresso (dove ci sono due palazzi gemelli) c’era un portone di legno; questo portone veniva chiuso ogni sera solo per la vita religiosa separata dalla vita ordinaria.

La facciata della Cattedrale fu costruita nella seconda metà del XVII sec. per il vescovo Pappacoda (il cui monumento sepolcrale si trova dentro la chiesa) per allargare la vecchia chiesa, mentre l’entrata principale si trova sul lato, vicino al vescovado. Infatti la vecchia facciata non è così riccamente decorata e manca di solennità, è più sobria e quasi austera.




mercoledì 2 febbraio 2011

Cosa visitare nel Salento: il Convento Agostiniano di Melpignano

Il Convento Agostiniano di Melpignano, in stile barocco, fu costruito tra il 1573 e 1662, forse da Giuseppe Zimbalo, uno dei più famosi artisti del tempo; fu uno dei tanti conventi ordinati dalla chiesa latina che voleva imporre la sua presenza su un’area che era fortemente influenzata dalla religione greca.

A volte vengono celebrati riti religiosi, specialmente matrimoni o perfino concerti e mostre. La facciata è imponente e gli altari interni sono riccamente scolpiti, come quello dedicato a San Nicola da Tolentino (1656), lavoro dello scultore Placido Buffelli da Alessano.
Nel piazzale anteriore si tengono molti eventi culturali, il più importante dei quali è la famosa “Notte della Taranta”.